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LA PAROLA Al FORNAI - Claudio Nicola, panificatore di Pavia, interviene per sottolineare che, tra i problemi più gravi, c'è la tendenza a farsi concorrenza sul prezzo tra colleghi.
 
Non svendiamo il frutto del nostro lavoro

La nostra dignità di panificatori dovrebbe impedirci di sottovalutare i nostri prodotti


Claudio Nicola, panificatore di Pavia da 18 anni, ha fatto una scelta di gestione aziendale che lo, ha portato ad avere un avanzato laboratorio, senza rivendita diretta al pubblico, di 800 mq e con 9 dipendenti. Ha una produzione giornaliera di 15 quintali di pane, con una diversificazione rappresentata da 25 tipi di pane; di piccola e grande pezzatura e di qualità tradizionale e speciale. Un nostro collega ha notato che nella sua provincia può accadere che i colleghi vendano il pane a prezzi più bassi dei supermercati e addirittura facciano promozioni a prezzi irrisori.

Lei fornisce il pane a varie rivendite tra cui dei supermercati. Non corre il pericolo di vedere poco valorizzato il suo prodotto e forse non pagato adeguatamente?
Tra i miei clienti ci sono referenti di buon livello, che si pregiano di vendere del pane fresco artigianale e sanno che se vogliono comprare i miei prodotti di alti livelli qualitativi, devono pagarli quanto e giusto, perché non ho nessuna intenzione di rinunciare al mio orgoglio di panificatore che si gratifica con il valore del lavoro delle mie mani. Offro anche un servizio particolare, perché sono in grado di garantire nel corso della giornata quantitativi aggiuntivi alla fornitura di pane del mattino qualora se ne verifichi l’esigenza; tutto questo, che io definisco professionalità, ha un costo. Il problema oggi è un altro: il pericolo non è l’assetto del mercato, ma la mancanza di solidarietà tra noi panificatori. Il rilievo dei costi è un dato oggettivo e matematico. Quindi mi domando come si fa a non aumentare il costo del pane quando le materie prime e i costi di produzione sono più alti per gli aumenti ciclici. Mi si potrebbe obiettare che il prezzo del pane è libero e se volessi potrei liberamente aumentare il costo. Ma io ho già i prezzi, per quanto riguarda l’ingrosso, abbastanza sostenuti rispetto agli altri e ovviamente rischio troppo, se sono l’unico ad adeguare il prezzo del pane.

Come si spiega una tale discrepanza di politica dei prezzi?
Purtroppo si è perso molto il senso di solidarietà sindacale. Guardare avanti in maniera unitaria e corale è il primo impegno che noi panificatori dobbiamo assumerci per affrontare i momenti difficili che ci può riservare il futuro. Bisogna avere il coraggio di ritrovare la concordia e l’unità di intenti, che fa si che si possa parlare veramente di categoria dei panificatori. La passione sindacale deve risorgere, perché oggi ognuno tende ad andare per la sua strada, riportando subito il dibattito interno su un terreno di confronto costruttivo, privilegiano la salvaguardia delle nostre aziende e il prezzo del pane è l’elemento fondamentale su cui noi dobbiamo ragionare con un confronto proficuo e realistico. Il libero mercato e il libero prezzo del pane sono conquiste importanti per il commercio, ma queste ampie prospettive di organizzazione aziendale non devono far si che, ingenuamente e senza rispetto della categoria, cioè dei colleghi e soprattutto del nostro pane, che è frutto di ore di lavoro e di sacrificio si svenda il pane e addirittura se ne faccia oggetto di saldi. Si perché mi è capitato di vedere dei panificatori che hanno svenduto il pane, qualsiasi tipo, per un periodo a cifre irrisorie, con tanto di cartello promozionale. Questo è il modo migliore per distruggere un equilibrio possibile, che si potrebbe realizzare nel mercato, non per creare fidelizzazione nella clientela.

Pavia, 17/01/2000



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